Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014
Ca’ Rezzonico ha dedicato a Pietro Bellotti una interessante mostra, che ne mette a fuoco le caratteristiche artistiche, attraverso 43 dipinti

 


 

 

 

 

di Mila Di Francesco

 

Pietro Bellotti a Ca’ Rezzonico

 

bellotti

Il Cortile del Royal Exchange a Londra – cm 63 x 81,2
di proprietà di The Worshipful Company of Mercers di Londra, che lo possiede dal 1852

Nella mia personale – e virtuale – galleria d’Arte, oltre alla Donna Artista, agli Artisti del silenzio, a quelli maledetti, c’è una sezione dedicata agli Artisti meno noti.
Meno conosciuti, non di minore talento e capacità espressiva.
Uno di questi artisti è Pietro Bellotti, nato a Venezia nel 1725; appartiene ad una famiglia attorno alla quale ruota l’intera vicenda di una categoria pittorica, il vedutismo, legata strettamente alla nostra città. Con un nonno scenografo, Bernardo Canal, uno zio geniale, Antonio detto Canaletto, un fratello che, giovanissimo, diventa pittore di corte in Sassonia, Bernardo Bellotto, il destino di Pietro – che usa il cognome del padre, Bellotti – sembrava segnato. Ma non ha avuto vita facile.

Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 Ca’ Rezzonico ha dedicato a Pietro Bellotti una interessante mostra, che ne mette a fuoco le caratteristiche artistiche, attraverso 43 dipinti, in genere in collezione privata, frutto di un’attività compresa tra 1742 e 1779, in massima parte realizzata durante i soggiorni in diverse città della Francia e un altro, breve, in Inghilterra, dove il vedutismo, e specialmente Canaletto, erano molto amati.
La Francia è stata la sua seconda patria, aveva conosciuto, a Genova, una ragazza francese, che aveva sposato; erano nati tre figli, e la famiglia era, quasi sempre, rimasta a Tolosa.
Non Pietro, spirito girovago, che, un po’ per disposizione caratteriale, un po’ per necessità, girava per le maggiori città della Francia con una scatola delle meraviglie, il Mondo Novo, che permetteva, da un foro, di vedere immagini in successione, quasi un antenato del cinema. Le immagini di città sono rappresentate con superbe prospettive, a Pietro non mancava di certo l’abilità per realizzarle; di solito si faceva precedere da volantini pubblicitari e il successo era sicuro.
Non si può non rammentare, a tale proposito, un dipinto prezioso di Giandomenico Tiepolo, che fa bella mostra di sé sempre a Ca’ Rezzonico: è un affresco strappato di tanti che Giandomenico, figlio di un altro genio veneziano, Giambattista, aveva realizzato, nel 1791, per decorare la villa di famiglia a Zianigo; rappresenta una folla di persone, di spalle, intente ad osservare la scatola magica del Mondo Novo.

Ma l’attività principale di Pietro Bellotti è certamente la pittura. Le opere esposte a Ca’ Rezzonico sono vedute di Venezia, di altre città italiane ed europee, come Roma, Genova, Dresda, Londra, o capricci, dove la fantasia si accompagna al gusto archeologico. Particolarmente interessante una raccolta di 17 piccoli dipinti, con telai e cornici originali, iscrizioni e anche qualche firma, che hanno permesso di ricostruire l’attività dell’artista. Qualche volta ha firmato “Pietro Bellotti dit Canaletti”.
C’è da chiedersi perché Pietro e suo fratello Bernardo non siano rimasti a Venezia, nella bottega dello zio, già famoso e apprezzato anche all’estero.
Antonio Canal detto Canaletto pare avesse un carattere difficile, era burbero e di poche parole, di grandissimo e straordinario talento, del quale era consapevole, ma un po’ ingombrante per chi volesse intraprendere un proprio percorso artistico.
Pietro Bellotti ha spesso fatto uso, per le sue vedute, di incisioni tratte dai dipinti dello zio o del fratello, ma ha creato atmosfere ariose e leggere, dando molto spazio al cielo, con nuvole soffici e trasparenti, usando colori tenui per l’architettura e azzurro turchese per la laguna, con campiture lievi ed effetti mai drammatici.
Un’opera particolarmente affascinante è “Il cortile del Royal Exchange a Londra”, che risulta essere un documento storico, poiché l’edificio rappresentato è stato distrutto da un incendio; ma soprattutto è una delle più belle realizzazioni di Pietro, che tratta la luce con particolare maestria, alternandola ad ombre naturali, in una composizione di notevole effetto visivo. Potrebbe risalire al 1763/67, e non si ha notizia di alcuna incisione corrispondente.
La mostra è corredata da un interessante catalogo, che ritengo essere, oggi, il testo più esaustivo attorno all’attività di Pietro Bellotti.